domenica 23 aprile 2017

La educación prohibida


“Fino a che punto la scuola ci aiuta a svilupparci individualmente e collettivamente?”
Le scuole sono luoghi di crescita personale o luoghi di addestramento per “un futuro liceo, l’università, il lavoro? E dopo per cosa?”
“In cosa consiste una buona educazione? Nell’ottenere che la maggior parte dei bambini superi gli standard di qualità?” Nell’ottenere un voto, un numero, una faccina, un giudizio che confermano il ruolo di "riempitori di teste" dei maestri  e annullano la potenzialità, la creatività e l’individualità di ogni bambino?
“Quanto ricordiamo di quello che ci hanno insegnato nella scuola primaria? Quanto ricordiamo dei contenuti che ci hanno insegnato nella scuola media?”
Perché limitiamo, condizioniamo, ordiniamo e puniamo il naturale processo del bambino di scoperta, investigazione, azione, esperienza, gioco, piacere che consentono un apprendimento autentico?
Come siamo arrivati a confondere e etichettare l’unicità di un bambino come una malattia?
Perché ogni lunedì mattina la maggior  parte dei bambini, e degli insegnati, si sveglia con il pensiero tormentato dalla noia di dover andare a scuola e di dover trascorrere otto ore sottoposti a conoscenze che non li interessano?
Perché la scuola è ermeticamente chiusa al mondo esterno e  alla natura?
Perché frammentiamo il sapere, gli spazi e i tempi parcellizzando e smembrando l’esperienza integrale del conoscere che inevitabilmente coinvolge corpo, mente e cuore?
“Qual è lo scopo dell’educazione? Imparare? Imparare cosa? Nozioni? Oppure sviluppare delle capacità umane che si sviluppano solamente nella relazione con l’altro, nel tempo, nel procedimento, nel fare, nel comunicare, nel guardare e riconoscersi, nell’amore?”
Perché continuiamo indefessi a perpetuare pratiche disciplinanti e omologanti utili al nostro sistema efficientistico- produttivo?
Perché continuiamo a fare le cose così come sono sempre state fatte?
 
 
Sono solo alcune delle domande che il documentario La educación prohibida, realizzato nel 2012 da un collettivo di cittadini e associazioni in Argentina, ha il coraggio di porre a chiunque si occupi di educazione.
Domande urgenti e necessarie che stimolano riflessività critica e consapevolezza rispetto alle teorie e pratiche di educatori e insegnanti sulla scena formativa.
Domande che non hanno la pretesa di trovare una risposta univoca, una ricetta magica o una nuova pedagogia per risolvere e conchiudere l’insolubile complessità dell’esperienza educativa ma invitano a “scrollare la testa” dalle idee fossilizzate e preconcette per rinnovare il nostro sguardo sull’educazione e pensare nuove forme di apprendimento.
 
 Allora perché non ricominciare da capo?

 


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