sabato 16 settembre 2017

La scuola dei miei sogni (E' realtà)

La scuola dei miei sogni è una scuola che mette al centro, per davvero, il bambino. E non le sue prestazioni.
La scuola dei miei sogni è aperta, fisicamente e ideologicamente. Nella scuola dei miei sogni non esistono voti, irreali etichette misuratrici di un'irreale oggettività. La scuola dei miei sogni è una scuola che apre le braccia alla soggettività, all'individualità, alla diversità. Nella scuola dei miei sogni i bambini non sono seduti ai banchi per sei ore al giorno, ma sono in continuo movimento, esploratori del mondo, del conoscere e di sé stessi.
Nella scuola dei miei sogni gli apprendimenti avvengono attraverso l'esplorazione, la ricerca, le domande, attraverso il "fare cose".
La scuola dei miei sogni vive di tempi distesi, dilatati, perché nella scuola dei miei sogni non c'è motivo di inseguire un programma (addobbato a "Programmazione didattica") che detta il cosa e il quando da troppo tempo.
Nella scuola dei miei sogni si ride molto.
La scuola dei miei sogni è un ambiente famigliare, dove le famiglie, per l'appunto, sono viste come qualcuno con cui darsi la mano, e non come dei disturbatori da tenere più lontano possibile.
Nella scuola dei miei sogni i bambini sono valutati attraverso lettere, racconti, sguardi, osservazioni; e anche i genitori entrano in gioco nella valutazione dei figli, con uno sguardo diverso, nel rispetto dei ruoli.
Nella scuola dei miei sogni si impara la matematica andando al mercato, l'italiano incontrando persone, la geografia muovendosi per la città.
Nella scuola dei miei sogni non si fa il catechismo.
La scuola dei miei sogni non prevede classi rigide, ma gruppi di lavoro aperti, fluidi, in cui gli insegnanti accompagnino, rilancino o lancino questioni, facciano da supporto e guida, ma non facciano in nessun modo credere che il sapere sia così come qualcuno lo dice.
Nella scuola dei miei sogni si insegna ad avere cura dell'ambiente, quello della scuola e quello naturale, e per farlo, semplicemente, lo si vive.

Nella scuola dei miei sogni le regole sono condivise e proposte dai bambini stessi.
Nella scuola dei miei sogni la fatica e la noia sono formative, perché piene di senso.
Nella scuola dei miei sogni si ride molto (l'ho già detto?).
Ogni bambino, della scuola dei miei sogni, ha sempre con sè mantella e stivali, perché se piove un poco sarà ancora più divertente l'esplorazione.
Nella scuola dei miei sogni non esiste il "sussidiario", ma si leggono libri "veri". O si costruiscono.
La scuola dei miei sogni è pubblica.
All'intervallo, nella scuola dei miei sogni, si può giocare a calcio.
Nella scuola dei miei sogni esistono le frustrazioni, ma ognuno è accompagnato a superarle.
Nella scuola dei miei sogni i compiti a casa sono quelli di rivivere, sotto uno sguardo diverso, esperienze e scoperte fatte a scuola, semplicemente raccontando o giocando, con mamma e papà.
La scuola dei miei sogni è un luogo di accoglienza, un luogo caldo, di amicizia, di gioia e di rilassatezza. E' un luogo dove si ride, si piange, si litiga, si fa la pace.
Ci si emoziona.
La scuola dei miei sogni ho in qualche 
modo contribuito a farla nascere e a renderla realtà. E da qualche giorno, grazie al cielo (chiamiamolo "cielo"...) ho la possibilità di lavorarci.
Sono fortunato.
L.T.

venerdì 30 giugno 2017

Esplorazioni e condivisione nella presentazione di Una Scuola ai genitori

Lunedì, 26 giugno, con trepidazione le ricercatrici, le tirocinanti, gli insegnanti, la dirigente e  tutto il personale della scuola aspettavano i genitori dei 59 bambini iscritti alla classe prima della scuola primaria IV novembre a Varese.
In un grande cerchio abbiamo presentato il progetto di innovazione scolastica che partirà a settembre, raccontando la nostra passione e le nostre proposte raccolte nel Manifesto per Una scuola.
Dopo una breve presentazione abbiamo attivato tutto il gruppo in una esplorazione collettiva che ha scompaginato l'immaginario della "riunione genitori" e ha messo in moto energie, idee e curiosità di tutti i presenti.
Si sono formati piccoli gruppi di famiglie che hanno affrontato il temporale imminente per cercare in giardino "piccole meraviglie", o "strumenti di misura", o "oggetti che suonano" e per costruire piccoli musei con gli oggetti trovati, indicando per loro storie, collegamenti, descrizioni.
Abbiamo poi raccolto le loro storie e i loro progetti, tutti stupefacenti, intercettando anche sorrisi e una sensazione diffusa di benessere, e tutto questo A SCUOLA!
Grazie genitori, grazie insegnanti, personale non docente e dirigente, grazie per questo inizio così carico di bellezza.











giovedì 29 giugno 2017

Il cerchio dei pensieri e la scrittura liberata

I pensieri dei bambini sono fragili e sottili, spuntano e magari muoiono subito, prima ancora di riuscire ad afferrare una forma; occorre dare loro terreno, saperli condurre, farli germogliare, soprattutto mettersi in ascolto. E' con questo desiderio che sono nati il quaderno dei pensieri, ma soprattutto i “dieci minuti” di ogni mattina: tempo breve ma prezioso, sottratto alla frenesia delle giornate, al fare delle attività, ma liberato anche dalla correzione, dalla valutazione e da ogni forma di giudizio da parte dell’adulto. Un tempo a scuola fuori dalla scuola. Un tempo solo per stare in compagnia dei propri pensieri e per aiutare il pensiero a nascere.
Una parola: si apre una grande finestra di cartone appesa in classe ed appare la parola della settimana. Sono parole che spuntano dal quotidiano dei bambini o magari parole con cui le insegnanti gettano un amo per vedere cosa succede nella testa di ciascuno. Ogni parola in sé è potente; alcune più di altre muovono i pensieri dal nostro vissuto: ci sono parole più calme, altre più seducenti; alcune sono molto scomode...Parole come promessa, spazio, tempo, amicizia, terra, viaggio, paura, capo, barare, squadra, perdere, regola, pace, fiducia, tristezza, albero, sbagliare, dono, speranza, fortuna, trasformazione, scuola.

I pensieri dei bambini hanno tante forme: la parola è solo l'inizio. Alcune parole trasformano i pensieri in storie, altre in ricordi; ci sono parole che danno il via a riflessioni, altre sono la chiave perchè il pensiero si faccia opinione argomentata “Io la penso così, perchè...”.

A questo momento di scrittura libero e avalutativo, si è aggiunto il richiestissimo e prezioso momento dell'agorà. Basta la parola e i banchi non servono più, le sedie si spostano e si forma un cerchio, quadernetti alla mano ed in testa il pensiero che si è deciso di voler condividere. In cerchio, per ascoltare i pensieri che una stessa parola ha suscitato in ciascuno: per aggiungere, chiedere, precisare ma anche dissentire o riconoscersi d'accordo.

E all'insegnante non resta che farsi spettatore, prendere appunti e assistere, spesso sbalordito, al nascere dell'opinione umana.


“Le parole aprono un mondo fantastico pieno di significati. Un mondo fenomenale da esplorare.”

" Dai mattoni delle parole alla casa dei pensieri"

“Le parole fanno uscire dalla testa frasi che servono per spiegare cose che noi vogliamo dire ai nostri amici. Ci spuntano dalla testa e noi le diciamo ad amici che conosciamo.”


“Le parole sono come l'ossigeno per vivere”

“Alcune parole sono molto dolci e servono a conoscersi e farsi degli amici.”

“Dietro ad ogni parola c'è un mondo dove, con quella parola, ti si spiega cosa puoi fare...Le parole servono a questo, a farti capire che cosa succede nel mondo, cosa vedi e cosa provi nella tua vita.”

“Le parole illuminano il cuore e quest'anno ne abbiamo scritte tante.”

“Grazie alle parole puoi andare ovunque... Come se dici 'giocare' e nella tua mente stai già giocando. Il mondo delle parole è senza limiti, infinito, enorme...Quindi dobbiamo continuare a scrivere per stimolare l'intelligenza.”

“Le parole servono a scoprire un mondo nuovo.”

“Scrivere sulle parole non è facile, ma ogni parola serve per esprimerti e far capire agli altri i tuoi pensieri. Ogni pensiero, ogni significato, ogni parola ti fa capire cosa pensano gli altri. La parola è qualcosa che dici, pensi, ami.”

“Le parole sono divise in belle, così così, brutte, parolacce. Fanno una frase e a gigantesca velocità entrano nella mia testa e, man mano che dico le parole, il mio cervello si collega al mondo.”


(Dai pensieri dei bambini)

mercoledì 26 aprile 2017

Tre giorni senza zaino e un Pianeta da salvare

Prendi tre giorni di scuola, senza zaino e senza classi. Gruppi di bambini, misti per età, alla scoperta di come meglio abitare e custodire il Pianeta di cui siamo ospiti. Tre giorni per esplorare la speleologia, le scienze naturali e la geologia...Come? Grazie a degli esperti di queste discipline, ma anche agli insegnanti che si sono messi in gioco con i loro alunni, in laboratori, giochi e piccole grandi avventure. Un piccolo assaggio, per i maestri e i bambini della Scuola Primaria 'Calvino' di Bosisio Parini, di un modo nuovo di vivere la scuola e di sperimentare l'emozione della conoscenza.

domenica 23 aprile 2017

La educación prohibida


“Fino a che punto la scuola ci aiuta a svilupparci individualmente e collettivamente?”
Le scuole sono luoghi di crescita personale o luoghi di addestramento per “un futuro liceo, l’università, il lavoro? E dopo per cosa?”
“In cosa consiste una buona educazione? Nell’ottenere che la maggior parte dei bambini superi gli standard di qualità?” Nell’ottenere un voto, un numero, una faccina, un giudizio che confermano il ruolo di "riempitori di teste" dei maestri  e annullano la potenzialità, la creatività e l’individualità di ogni bambino?
“Quanto ricordiamo di quello che ci hanno insegnato nella scuola primaria? Quanto ricordiamo dei contenuti che ci hanno insegnato nella scuola media?”
Perché limitiamo, condizioniamo, ordiniamo e puniamo il naturale processo del bambino di scoperta, investigazione, azione, esperienza, gioco, piacere che consentono un apprendimento autentico?
Come siamo arrivati a confondere e etichettare l’unicità di un bambino come una malattia?
Perché ogni lunedì mattina la maggior  parte dei bambini, e degli insegnati, si sveglia con il pensiero tormentato dalla noia di dover andare a scuola e di dover trascorrere otto ore sottoposti a conoscenze che non li interessano?
Perché la scuola è ermeticamente chiusa al mondo esterno e  alla natura?
Perché frammentiamo il sapere, gli spazi e i tempi parcellizzando e smembrando l’esperienza integrale del conoscere che inevitabilmente coinvolge corpo, mente e cuore?
“Qual è lo scopo dell’educazione? Imparare? Imparare cosa? Nozioni? Oppure sviluppare delle capacità umane che si sviluppano solamente nella relazione con l’altro, nel tempo, nel procedimento, nel fare, nel comunicare, nel guardare e riconoscersi, nell’amore?”
Perché continuiamo indefessi a perpetuare pratiche disciplinanti e omologanti utili al nostro sistema efficientistico- produttivo?
Perché continuiamo a fare le cose così come sono sempre state fatte?
 
 
Sono solo alcune delle domande che il documentario La educación prohibida, realizzato nel 2012 da un collettivo di cittadini e associazioni in Argentina, ha il coraggio di porre a chiunque si occupi di educazione.
Domande urgenti e necessarie che stimolano riflessività critica e consapevolezza rispetto alle teorie e pratiche di educatori e insegnanti sulla scena formativa.
Domande che non hanno la pretesa di trovare una risposta univoca, una ricetta magica o una nuova pedagogia per risolvere e conchiudere l’insolubile complessità dell’esperienza educativa ma invitano a “scrollare la testa” dalle idee fossilizzate e preconcette per rinnovare il nostro sguardo sull’educazione e pensare nuove forme di apprendimento.
 
 Allora perché non ricominciare da capo?

 


mercoledì 5 aprile 2017

Inizia la formazione insegnanti di Una scuola, a San Fermo a Varese

Il manifesto di Una Scuola prende forma nelle parole e nei desideri degli insegnanti che avvieranno il progetto di innovazione scolastica a Varese. 
Con questo primo incontro, in un tiepido pomeriggio di aprile, prende il via il percorso formativo con un gruppo di insegnanti della scuola IV novembre di San Fermo a Varese.
Monica Guerra e Francesca Antonacci, con Rosy Violi, Luca Tondini e una dozzina di loro colleghi si trasferiscono in giardino per attivare il percorso che porterà il Manifesto Una scuola a diventare un progetto concreto di sinergia tra ricerca e formazione. 
Ricerca partecipata all'aperto! Si inizia fuori.
Buon lavoro al gruppo!

venerdì 10 marzo 2017

Spazi edificati edificanti per l'individuo e la collettività

Proponiamo una raccolta di immagini di spazi dedicati all'apprendimento, (e una canzone) per riflettere sulle condizioni necessarie per definire una comunità di apprendimento e indagare su come spazio e cose inducano nei corpi posture e movimenti e nelle menti libertà o conformismo.

A volte si può educare attraverso le parole, sempre si educa attraverso lo spazio e le cose.  

Ci sta a cuore la relazione tra pedagogia e architettura perché come sostiene Claudio Mustacchi (2002) la forma architettonica va compresa come enunciato pedagogico a tutti gli effetti, che contiene e veicola contenuti, accanto a tutte le altre forme discorsive: verbali, corporee, prossemiche ecc.

François Truffaut, I 400 colpi. 1959
Laurent Tirard, Il piccolo Nicolas e i suoi genitori. 2010
Michael Radford, Orwell 1984. 1984
Henri Cartier-Bresson

Edoardo Bennato, In fila per 3 
dall'album I buoni e i cattivi. 1974
Maurizio Cattelan, Charlie don't surf. 1997
Stanley Kubrick, Arancia meccanica. 1972
Bernardo Bertolucci, L'ultimo imperatore. 1987
Raffaello Sanzio, Scuola di Atene. 1509-1511
Federico Fellini, 8½. 1963
Ron Howard, Cocoon. L'energia dell'universo. 1985
Michael Radford, Il postino. 1994


mercoledì 11 gennaio 2017

Preadolescenti e scuola

Le ricerche sui preadolescenti ci raccontano chiaramente che il loro cervello più sviluppato è quello emotivo, mentre la parte cognitiva è ancora in definizione... e per il momento prevalentemente nel caos.
Ci dicono inoltre che a quest'età i ragazzi hanno bisogno di dormire molto e di non essere sollecitati da moltissime informazioni, ma di essere aiutati sia a riposare che ad organizzare il disordine che li attraversa.
La scuola, di contro, nella maggior parte dei casi prevede una sveglia che, in inverno, avviane quando il cielo è ancora buio, chiedendo loro di alzarsi molto presto e quindi di ridurre le ore di sonno, sapendo anche che la sera a quest'età fanno più fatica ad addormentarsi perché la loro tensione ad essere più grandi li porterebbe a stare più svegli, mentre il loro essere in crescita richiede che dormano tanto e bene.
Questa stessa scuola chiede loro di saper organizzare all'interno di molte materie diverse i tanti materiali e compiti che ciascuna di esse richiede: ciò che si chiede loro è di essere ordinati, più razionali e logici di prima.
La parte emotiva, quella più sviluppata ma anche che ha più bisogno di essere ascoltata, è invece normalmente ignorata dalla scuola, che investe moltissimo nel fare richieste ad una parte cognitiva non ancora capace di rispondere ad esse completamente.
Conoscere e rispettare quelle che sono le caratteristiche dei ragazzi permetterebbe di considerare la proposta complessiva della scuola - in questo caso, quella secondaria di primo grado - per fare in modo che i preadolescenti possano trovare in essa non un luogo da cui voler fuggire, ma un posto e delle persone con cui poter provare a condividere e armonizzare la loro crescita.

Per un approfondimento sulle caratteristiche della preadolescenza, si veda ad esempio il nuovo libro di Alberto Pellai e Barbara Tamborini "L'età dello Tsunami. Come sopravvivere a un figlio preadolescente".