lunedì 12 dicembre 2016

La lettura come strumento di consapevolezza. Leggere per definire se stessi e aprirsi al mondo.

In un interessante articolo Sabrina Borriello ci parla del valore fondamentale della lettura e dell'alfabetizzazione emotiva, del valore delle storie e delle parole nella nostra società e del fondamentale ruolo di educatori, genitori ed insegnanti, nel rendere il bambino un lettore efficiente e consapevole.

L’intelligenza emotiva, a differenza dell’intelligenza tradizionale standardizzabile con il Q. I., si può educare, sviluppare e raffinare durante tutta la vita, e in particolare durante il periodo critico di apprendimento, dal momento che un temperamento non è destino.

La strutturazione di un sé equilibrato ed emotivamente consapevole è un obiettivo educativo di ordine sociale, dal momento che nell’affettività «c’è sempre relazione e, cioè, costruzione, sia pure a volte fragile e frammentaria, di dialogo e di ascolto, di silenzio e di contatto: di intersoggettività»

La lettura è un indispensabile strumento di consapevolezza emotiva e, quindi, di emancipazione sociale dal momento che, come i lettori appassionati sicuramente riescono ad intuire con facilità, si tratta di un’esperienza altamente formativa, fondamentale per modificarci e cambiare la percezione che abbiamo di noi stessi e del mondo.
Attraverso i libri che leggiamo, costruiamo il nostro essere, che è tatuato di parole. Senza i buoni libri che abbiamo letto, che ci hanno creati e ricreati, saremmo in qualche modo peggiori di quello che siamo, meno ribelli, meno coraggiosi e più conformisti. Leggere non è mai un dovere ma una scelta libera da cui derivano moltissimi benefici come l’apprendimento della lingua, la conoscenza del mondo, lo sviluppo dell’immaginazione e, soprattutto, la crescita personale e interiore.


Trovate tutto l'articolo qui

 

Buona lettura, davvero!

giovedì 24 novembre 2016

Liberate i bambini

Uno spot pubblicitario ci provoca con un'iperbole che mette a confronto i bambini con i carcerati. Siamo sollecitati dal paradosso a vedere il nostro pensiero fuori da noi stessi e riflettere sul significato che diamo al tempo della ricreazione a scuola e in senso più esteso al tempo libero nell'infanzia.

Ricreazione deriva dal verbo ricreare = latino recreare ristorare fisicamente e moralmente, composto di re- di nuovo e creare creare: propr. vivificare
fonte Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana di Ottorino Pianigiani


Qui trovate il progetto "Liberate i bambini" in spagnolo






a seguire la traduzione libera del progetto da parte del redattore


LIBERATE I BAMBINI
Nella società attuale il poco tempo a disposizione dei genitori, la diminuzione di spazi nella natura fruibili vicini e la concomitante diffusione della tecnologia, hanno modificato la quantità di tempo che bambine e bambini trascorrono all'aria aperta in attività di gioco libero.

A fronte della pubblicazione di studi che evidenziavano il poco tempo che 
bambine e bambini trascorrono all'aria aperta, la marca Skip® decise di sviluppare una ricerca intervistando 1.200 tra madri e padri. La ricerca dimostrò che il tempo dedicato al gioco sta diminuendo in maniera drastica. Il risultato più allarmante fu che i bambini passano meno tempo all'aria aperta di un carcerato.

Nonostante gli esperti siano d'accordo nel riconoscere i benefici associati all'uso della tecnologia, il tempo passato di fronte a uno schermo fa sì che i bambini abbiano meno tempo per giocare all'aria aperta. Il 78% dei genitori dichiara inoltre che spesso i figli non giocano se non attraverso dei dispositivi tecnologici.

Unilever per richiamare l'attenzione su questo tema, attraverso il prodotto Skip®, ha creato "Liberate i bambini", un video registrato in una prigione di massima sicurezza a Wabash, Indiana (USA). Il video diretto da Toby Dye, invita a riflettere attraverso dialoghi e interviste con i carcerati sul significato del tempo libero in un carcere.

Nello stesso periodo sir Ken Robinson, esperto di educazione, creatività e sviluppo umano iniziò una collaborazione con Unilever e 
Skip® dando vita al progetto “Sporcarsi va bene”. Il suo obiettivo è promuovere sia l'importanza per i bambini di stare all'aria aperta, sia il gioco come parte imprescindibile delle loro vite. 

Che cos'è il "Giorno delle lezioni all'aria aperta"? 
Il "Giorno delle lezioni all'aria aperta" è un progetto mondiale che ha come obiettivo celebrare e ispirare i giochi all'aria aperta nelle scuole. Nonostante genitori e insegnanti concordino nel dare importanza al tempo passato all'aria aperta, spesso se ne dimenticano facendo passare in secondo piano il gioco a favore del completamento delle richieste quotidiane imposte dai programmi didattici.

Chiunque abbia sperimentato gli effetti di portare i bambini all'aria aperta per imparare e per giocare capisce quanto significativa possa essere questa esperienza. Il gioco è fondamentale per uno sviluppo sano dei piccoli, per questo deve essere parte imprescindibile della loro quotidianità. Imparare all'aria aperta migliora le abilità sociali, migliora la capacità di risolvere problemi, favorisce il lavoro in gruppo, permette di costruire una maggiore consapevolezza verso l'ambiente e fa sì che bambine e bambini siano autonomamente motivati verso l'apprendimento.

Per celebrare l'apprendimento all'aria aperta 1.700 scuole di tutto il mondo 
il 17 giugno 2016 parteciparono al "Giorno delle lezioni all'aria aperta". Circa 270.000 tra bambine e bambini in 23 paesi, fecero esperienza di 814.000 ore di apprendimento all'aria aperta.

Il primo "
Giorno delle lezioni all'aria aperta" fu un tale successo che in più paesi il 6 ottobre 2016 si sta organizzando una nuova giornata. Genitori e insegnanti di tutto il mondo sono stati invitati a uscire con i propri figli, figlie e alunni all'aria aperta, pubblicare foto dell'esperienza, condividere idee e consigli usando gli hashtags #ensuciarseesbueno #aprendiendoalairelibre #eldiadelasclasesalairelibre.

martedì 15 novembre 2016

Una Scuola... senza materie

“Finnish officials want to remove school subjects from the curriculum. There will no longer be any classes in physics, math, literature, history, or geography. Instead of individual subjects, students will study events and phenomena in an interdisciplinary format.
The general idea is that the students ought to choose for themselves which topic or phenomenon they want to study, bearing in mind their ambitions for the future and their capabilities. In this way, no student will have to pass through an entire course on physics or chemistry while all the time thinking to themselves “What do I need to know this for?”

The traditional format of teacher-pupil communication is also going to change. Students will no longer sit behind school desks and wait anxiously to be called upon to answer a question. Instead, they will work together in small groups to discuss problems.”

Qui l'articolo completo.


martedì 1 novembre 2016

L'apprendimento è movimento

“Il movimento va integrato nelle lezioni per renderlo parte dell’apprendimento:
«Il tempo per giocare liberamente costruisce i sistemi di bilanciamento dei ragazzi, ma abbiamo anche bisogno di sottolineare il ruolo importante che il movimento fisico può e deve svolgere all’interno della classe. Impariamo a creare lezioni in cui gli studenti usano i loro corpi per esplorare i concetti matematici e di alfabetizzazione, i loro cervelli saranno più stimolati all’apprendimento».
Incorporare attività di movimento può aiutare gli studenti di tutte le età ad articolare e interiorizzare nuove idee, e questo processo invita anche gli adulti a mettersi in discussione e a riesaminare il loro ruolo di insegnanti e studenti.

Perché la scuola sia un luogo in cui i talenti di giovani siano coltivati piuttosto che estinti, abbiamo bisogno di dare agli studenti la libertà e la responsabilità ad interagire fisicamente con il mondo che li circonda»”.

Qui l’articolo completo.




domenica 23 ottobre 2016

Sentire con il corpo: una suggestione a partire da Alexander Lowen



"Gli uomini pensano di risolvere tutto con la mente invece di "sentire". Ma il sentire non ha a che fare con l'intelligenza o con la forza. Solo lavorando su di sé, sul proprio corpo - grazie al quale l’uomo "sente" – l’uomo può curarsi e aspirare, come è sacrosanto, a una vita sana, libera, felice. Ed essere in grado di amare veramente."

                                                                                         Alexander Lowen

mercoledì 5 ottobre 2016

"La mia maestra è un vampiro!"


In una recente intervista al Corriere della Sera, Gabriele Clima, autore e illustratore di libri per l’infanzia, sostiene che non esiste una letteratura di importanza inferiore per bambini e ragazzi così come i bambini non dovrebbero essere considerati persone minori da riempire, aggiustare o raddrizzare secondo i dettami di un paradigma bonificatorio e di un’adultizzazione sempre più precoce e imperante. Esistono libri buoni, suggerisce Clima, che possono essere letti da chiunque perché affrontano tematiche che toccano la vita, anche “temi forti” che il mondo adulto teme e a cui paradossalmente non espone i bambini immersi in una realtà complessa e continuamente in trasformazione che “con una potenza di fuoco aumenta sempre di più”. Libri che “gettano radici, lavorano in profondità”, che permettono di elaborare e codificare la realtà aldilà del fluire incontrollato e vacuo delle parole che scorrono impetuose in tv e in rete.

La mia maestra è un vampiro! crediamo sia uno di questi buoni libri: entusiasma e coinvolge il bambino e invita ad avviare una riflessione critica e consapevole l’adulto, attraverso lo sguardo del bambino.

Amaranta, la maestra di Greta è dura, rigida, severa, con uno sguardo affilato che “sembra tagliarti a fette”. È smorta, pallida, con mani ossute e i canini che le sporgono dagli angoli della bocca. Abita in una via stretta e angusta, via delle Case Scure, in un'abitazione buia e con le tende tirate. Amaranta non può che essere un vampiro!
Metafora quanto mai appropriata per tanta (troppa!) scuola che giorno dopo giorno succhia linfa vitale ai bambini e ai ragazzi, che li priva della possibilità della curiosità, della scoperta, dell’immaginazione, dell'esperienza ludica, dell'avventura. Una scuola sciatta, scialba, fredda che si ripara, come Amaranta, dalla luce di un sapere dialogico e rigenerante, che liofilizza “l’arte e gli oggetti della conoscenza, togliendo loro umori e vita” (Lorenzoni, 2014), che inchiavarda i corpi dentro scomodi banchi e si trincera dietro le cattedre del giudizio.
Toccherà a Greta, alla qualità infante del suo sguardo sconfinante e crepitante, sottoporre la scuola alla “prova del sangue” per ritrovare una maestra fatta di carne, ossa e cuore che sa prendersi il tempo per ascoltare, vedere, sorridere, dialogare con i suoi piccoli allievi.

La lettura del libro è intervallata da alcuni giochi, che non sono “sciocchezze o perdite di tempo” come sentenzia il mondo adulto che non fa altro che reguardire Greta, ma pause necessarie per rimettere in gioco il sapere.

lunedì 3 ottobre 2016

Una scuola che “dà valore”

“Mentre la scuola del profitto è imperniata sulla competizione, sul controllo, sul premio o sulla punizione, noi cerchiamo di creare, lavorando all'interno di essa, esperienze controcorrente che partano dalla fiducia, dalla cooperazione e dalle relazioni umane.

La valutazione di un ragazzo o di una ragazza, di un bambino o di una bambina è un processo molto importante per la crescita. Tuttavia non può consistere in una misurazione estemporanea e parziale di alcune capacità sulle quali ci si basa per approvare o deplorare, per promuovere o bocciare. Ciò che invece è importante è la valorizzazione dei doni e delle intelligenze personali, cioè la valutazione intesa come “dare valore”. La persona che si sente compresa e valorizzata per ciò che è, non per ciò che qualcun altro si aspetta da essa, sente di valere, sente di avere una sua originalità da esprimere e ciò mette in atto una motivazione spontanea a crescere ed imparare.

Un allievo che studi per la promozione è stato piegato dal sistema del profitto ad impegnarsi per raggiungere un interesse estrinseco, stabilito da altri e ciò lo porta ad essere promosso ma disinnamorato del sapere; per indurlo a studiare diventano necessarie le forme di coercizione scolastica che tutti conosciamo. Un allievo che invece studia per passione e non si cura del voto e non ha unicamente come meta la promozione, un allievo che cioè studia per gratuità, non solo sarà promosso ma diventerà molto più competente e utile alla società." 

Qui l’intervista completa a Ferdinando Maria Ciani, ideatore del progetto della Pedagogia e della scuola del gratuito.

Qui invece il manifesto ed altre informazioni sulla scuola del gratuito.



sabato 10 settembre 2016

Un tempo per pensare


"Alla maggior parte delle bambine e dei bambini non è concesso il diritto di riconoscere la qualità dei propri pensieri e rendersi conto della loro profondità.(...) Una moltitudine innumerevole di associazioni, intuizioni, connessioni e vere e proprie folgorazioni infantili restano dunque nascoste sotto terra, scavando un labirinto di canali che non arriveranno mai alla luce del sole, perchè privati della dignità che nasce dal credere nella propria capacità di pensiero." (F.Lorenzoni, I bambini pensano grande. Cronaca di un'avventura pedagogica, p.11)
"Il primo giorno di scuola ci hanno dato il quadernino e... la mia vita è cambiata! La mia immaginazione è cresciuta e ho scoperto che basta una parola per far nascere un mondo di pensieri, problemi, emozioni, felicità e tristezza. E' per questo che quest'anno è stato fantastico" (Beatrice, ultima pagina del quadernino dei pensieri)
I primi quindici minuti di scuola, ogni mattina. Tempo breve ma prezioso, sottratto alla frenesia delle giornate, al fare delle attività, ma sottratto anche alla correzione, alla valutazione e ad ogni forma di giudizio da parte di noi adulti. Un tempo a scuola fuori dalla scuola. Un tempo solo per stare in compagnia dei propri pensieri. E per aiutare il pensiero a nascere. 
Una parola: si apre una grande finestra di cartone appesa in classe ed appare la parola della settimana...Sono parole che spuntano dal quotidiano dei bambini o magari parole con cui le insegnanti gettano un amo per vedere cosa succede nella testa dei bambini. Ogni parola in sé è potente; alcune più di altre muovono i pensieri dal nostro vissuto...ci sono parole più calme, altre più seducenti; alcune sono molto scomode...
I pensieri dei bambini hanno tante forme: la parola è solo l'inizio. Alcune trasformano i pensieri in storie, altre in ricordi; ci sono parole che danno il via a riflessioni, altre sono la chiave perchè il pensiero prenda posizione. Si assiste alla nascita dell’opinione umana ed è un privilegio per l'insegnante esserne spettatore.
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lunedì 5 settembre 2016

Una scuola Green(e)

“Nel complesso The Greene School Carlo Ratti ha unito natura e tecnologia per creare un luogo di apprendimento innovativo, un learning gardenL’ambiente diventa il primo veicolo di insegnamento, dove l’esperienza coadiuvata dall’ecologia diventa “porosa”, penetrando così le menti dei giovani studenti.

«La scuola del futuro sarà aperta: aperta alle idee, aperta alla diversità e aperta alla natura».

La scuola si articola attorno a due spazi comuni: una piazza e un giardino.
The Greene School sarà uno spazio molto importante, in cui far crescere una comunità di studenti. Le aule si affacciano sulla grande area verde adiacente all'edificio: questo crea una specie di osmosi tra l’interno e l’esterno. Qui ci saranno orti didattici, fablab, campi da tennis e calcio. L’ambiente poroso, inoltre, aiuterà a far emergere nei ragazzi un’attenzione e una curiosità spontanee. 
Gli elementi naturali serviranno a incitare la curiosità dei ragazzi e facilitare la concentrazione, senza forzature.”

«Quello che vogliamo stimolare è un processo di co-creazione, in cui tutti possano esprimersi liberamente, in uno spazio comune».


Qui l’articolo completo.

Questa, invece, la realtà del learning garden di Cavezzo (Modena) progettata da Carlo Ratti e Renzo Piano. [Traduzione in italiano]




martedì 21 giugno 2016

Una Escuela... Sustentable



“Lprima scuola pubblica sostenibile dell’Uruguay è pronta ad ospitare gli studenti. 
É stata costruita grazie all’utilizzo di materiali riciclati come bottiglie, lattine, cartone e pneumatici che formano il 60% del totale dei materiali utilizzati.

L’idea della scuola è quella di vivere in maggior armonia con l’ambiente senza sacrificare la comodità e il miglioramento della qualità della vita. Si tratta di un modello di scuola al cui centro troviamo un edificio autosufficiente per facilitare l’apprendimento, l’innovazione e la sostenibilità per tutta la comunità.
L’edificio è alimentato da pannelli fotovoltaici e per avere a disposizione acqua potabile si ricicla l’acqua piovana, che viene filtrata e depurata per risultare adatta da bere oltre che per l’igiene e l’irrigazione.

Questo il video di presentazione della scuola progettata dall'architetto Michael Reynolds.

Qui invece l’articolo completo.

E in Italia?
Qui qualche spunto di riflessione e qui la mappa dei cantieri delle scuole sostenibili.

venerdì 10 giugno 2016

La casa di cura che è anche un asilo.

Casa di cura o asilo? Una situazione davvero particolare è quella che si presenta a chi entra a Seattle nella casa di riposo Providence Mount St. Vincent. Una volta all’interno della struttura, infatti, ci si trova davanti a qualcosa di molto insolito: ospiti anziani e bambini che interagiscono insieme dove gli anziani trascorrono del tempo e i bambini che proprio lì frequentano l’asilo.
Sarebbe bello però che esperienze come queste fossero esportate anche un po' in tutto il mondo, pensate quanta “ricchezza” in più e quanti problemi in meno se in ogni località bambini e anziani potessero “crescere” insieme!

in questo bellissimo articolo di Francesca Biagioli spunti e riflessioni su questa iniziativa che si spera possa pretso diventare comune agire educativo e pratica sociale.



lunedì 6 giugno 2016

Una scuola in movimento

“Comincia oggi il tour organizzato dal Miur per coinvolgere progettisti e territori nell’ambito di #ScuoleInnovative, il concorso di idee che consentirà la costruzione di 52 nuovi istituti scolastici sostenibili e a misura di studente".

"Spazi già esistenti, riqualificati e modernizzati, per favorire la socialità; aree dedicate allo studio individuale o di gruppo; centri di raccolta dei rifiuti; un’aula magna 2.0, modificabile e aperta ad eventi esterni alla scuola; realizzazione di campus che integrino spazi in disuso nel territorio vicino agli istituti: queste le caratteristiche della scuola del futuro immaginata dai partecipanti".

Se ne parla qui.





lunedì 30 maggio 2016

Apprendere senza scarpe

Jean Jacques Rousseau raccomandava agli insegnanti: "Imparate a conoscere i vostri bambini, perché molto spesso non li conoscete affatto".
Diventa essenziale riconoscere le vie attraverso le quali l'attenzione si manifesta e si arricchisce, consapevoli che il bambino attiverà la facoltà per un tempo che dipenderà dal tipo e dalla proprietà degli impulsi ricevuti. Occorre, quindi, creare le condizioni affinché gli alunni coltivino la gioia ed il gusto di imparare. Questo è possibile, se ogni giorno, in ogni momento, in ogni attività, la prima preoccupazione, in ordine di tempo e di importanza, sarà quella di motivare gli allievi mediante esperienze che li facciano sentire autori del proprio apprendimento.
Lasciamo quindi agli alunni la libertà di ex-ducere, di sperimentare, di accrescere la motivazione verso l'apprendimento, sollecitandoli con autorevolezza e "creatività".

Qui un interessante spunto di riflessione a partire da un'esperienza diretta di "lezione senza scarpe" che ci rimanda a come avere un buon contatto con il suolo stimoli il senso dell'equilibrio, la concentrazione e l attenzione, l'equilibrio emotivo-relazionale ed ogni attività didattica proposta proceda in modo più soddisfacentemente per tutti.
Buona lettura, senza scarpe.


martedì 24 maggio 2016

Tempo di verifiche

Chiunque lavori in ambito educativo e scolastico vive proiettato verso il futuro, perché l’educazione è divenire, per sua natura. Un divenire che dovrebbe riguardare innanzitutto le possibilità messe a disposizione di chi si sta formando perché possa costruire il suo percorso di apprendimento e crescita.
Spesso, però, questa proiezione assume ben altri contorni, esterni e talora contraddittori. Ogni educatore e insegnante, infatti, sa che c’è sempre un ordine di scuola dopo il suo che ha delle attese rispetto a ciò che i bambini o i ragazzi devono sapere e saper fare per essere pronti al passaggio verso il grado successivo.
Le richieste possono essere espresse nelle forme più diverse – implicite, esplicite, assertive… – ma comunque il più delle volte finiscono per essere vissute come una pressione che si traduce in tensione a preparare i bambini per altro rispetto a ciò che stanno vivendo, qualcosa che ancora non c’è ma che prima o poi ci sarà e per cui bisogna essere pronti. Quel qualcosa, perlopiù, non riguarda la consapevolezza rispetto a quali sono le proprie propensioni, le proprie fatiche, il proprio modo di procedere, ma ha spesso a che fare con singole abilità, che vanno dall’essere capaci di stare seduti, di usare le forbici, di stare nelle righe, e via dicendo con il crescere dell’età. È l’attesa di prerequisiti per altri insegnamenti che verranno, non sempre noti e chiari a chi viene prima e comunque altri rispetto agli apprendimenti in corso.
Questo oggi è ancora più paradossale che in passato, se è vero, come ha ben sintetizzato John Holt, che nella complessità nella quale viviamo non possiamo sapere quale conoscenza sarà più necessaria in futuro, per cui non ha molto senso cercare di insegnarla in anticipo: piuttosto, occorre fare in modo che le persone amino imparare e siano capaci di farlo, per poter poi essere in grado di apprendere ciò che risulterà via via necessario.
Che si concordi o meno con questa posizione, resta il disagio, costante, tra chi viene prima e chi viene dopo, in una scuola che si preoccupa ancora troppo poco di condividere verticalmente i significati che attribuisce all’esperienza che propone. E che in tal modo non rende chiari quei significati neppure a quelli a cui sta provando ad insegnare. Così, non solo i colleghi degli ordini prima vivono il disagio di chi lavora in funzione di qualcosa che sarà e che non sa, ma anche gli stessi bambini vengono messi nella condizione di non vivere il qui ed ora dell’esperienza e della conoscenza, in attesa di comprendere – quasi sempre in un poi che deve venire e che spesso non arriverà mai – il senso di ciò che intanto si sta realizzando.
Non ovviano a questi gap gli incontri sulla continuità, generalmente circoscritti a momenti di attività condivise che poco aggiungono alla conoscenza reciproca, dei bambini e degli insegnanti. Piuttosto, occorrerebbe la volontà di raccontarsi, di mettere in dialogo le proprie idee di bambino, educazione, scuola, apprendimento… uscendo da stereotipi e mettendosi in ascolto. Questo presuppone, prima ancora, che dentro ad ogni scuola ci sia la possibilità di dichiararle con adesione e convinzione nei propri progetti, fuori dai formalismi degli adempimenti burocratici e nel desiderio di riconoscersi in un’identità condivisa e reale.
La scuola ha bisogno di dare altri tempi ai bambini, ma ha bisogno anche di trovare tempi per gli insegnanti, dentro e tra i diversi ordini, per tornare a farsi domande autentiche, aprire il confronto, generare identità desiderose di mettersi in dialogo, non dare per scontate le risposte, affrontare il cambiamento necessario.

giovedì 19 maggio 2016

La scuola italiana che cambia

“Le scuole innovative in Italia? Ce ne sono molte, basta cercarle e farle emergere. 

Queste scuole ci sono, ma spesso rischiano di essere delle “monadi” e l’obiettivo, una volta scovate, è proprio quello di riunirle e sostenerle, creare una massa critica di innovatori dell’ecosistema educativo e renderla visibile anche a livello internazionale.
L’innovazione, per queste scuole, si concretizza in 28 idee/modelli attorno a cui imperniare il cambiamento: modelli che sono un iniziale tentativo di creare una rete tra le scuole, che in generale sono partite “in solitaria” ad innovare.
«Abbiamo scovato dei veri "supereroi", dirigenti e insegnanti che riescono a fare cose incredibili praticamente senza fondi. Il punto di debolezza? Spesso il tutto è affidato alla buona volontà del singolo, ognuno è in trincea a combattere la propria battaglia, mentre se si creassero reti e se alcune risorse fossero accessibili a tutti, sarebbe più semplice allargare l'innovazione»”.

Qui l’articolo completo pubblicato su Vita.
Qui la mappa interattiva della scuola italiana che cambia.
Qui, infine, l’elenco delle scuole italiane che innovano


lunedì 2 maggio 2016

Il valore della meditazione anche a scuola

Essere coscienti di se stessi è il modo migliore per imparare a non conformarsi, per questo motivo è importante la meditazione già in tenera età, a scuola, per imparare quello che veramente li appassiona, quello che realmente amano e non perché gli viene imposto o suggerito, ma perché lo sentono dentro. Si crescerebbero persone più forti in grado di vivere il presente e in grado di diventare da grandi ciò che davvero il loro cuore vorrebbe.
A seguire uno dei tanti articoli che ci mostra l'importanza della meditazione nella pratica quotidiana scolastica:

 qui.

Sono in corso in tutto il mondo esperimenti e progetti che vanno proprio in questa direzione. Partiamo da un virtuoso esempio italiano che ha come protagonista una coraggiosa professoressa delle scuole medie che, grazie alla sua tenacia, è riuscita a introdurre la meditazione presso l’istituto dove lavora, il De Amicis, di Tremestieri Etneo in provincia di Catania.
In questo articolo viene descritta e mostrata la sua esperienza:

qui. 

venerdì 29 aprile 2016

Il potere della domand-abilità

“L’istituzione scolastica della nostra epoca è pensata su base istruttiva (Ministero della Pubblica Istruzione) ed è indubitabilmente propedeutica e funzionale all’inserimento dei giovani esseri umani nella società degli adulti, il che in un certo senso parrebbe ovvio e sacrosanto da che mondo è mondo. Ma nel momento in cui si diventa consapevoli del fatto che la nostra attuale “società degli adulti” somiglia in maniera inquietante ad un esercito di dormienti, la faccenda acquista una luce diversa.

E-ducare [...] presuppone una diversa visione dell’essere umano, come individuo irripetibile che porta con sé già dalla nascita un patrimonio originale di doni.

Insegnare la domand-abilità, la capacità di porsi interrogativi, di mettere in discussione l’ovvio, il già noto, diventa allora l’aspetto essenziale. Mentre la risposta mette un punto, la domanda apre un mondo di possibilità e si fa trampolino per la domanda successiva. E’ la domanda, con il suo potere di far traballare le false certezze, che permette all’anima di cercare la sua via e, nel farlo, di entusiasmarsi e finalmente brillare.

Potremmo dunque riassumere in questo modo le “urgenze trasversali” di una scuola che voglia dirsi evolutiva:
  • che i ragazzi vengano almeno parzialmente sollevati da un comprensibile stress che a volte vivono come insopportabile e che sempre più spesso li porta a subire la scuola come una forzatura ed una limitazione della propria vitalità, fisica e psicologica, che ruba spazio alla loro vita ed ai loro interessi, anziché espanderli;
  • che la parola e-ducazione trovi nella scuola uno spazio sempre crescente e venga applicata nella sua autentica accezione, quella di liberare e valorizzare – piuttosto che soffocare o mortificare, come spesso purtroppo avviene – quello che già c’è dentro ad ognuno;
  • che la “ricerca personale” diventi uno stile di vita già a partire dalla fase scolastica (ricercare vs credere);
  • che la scuola inizi ad attivare percorsi di auto-conoscenza, basati sulle tante diverse tecniche oggi rese disponibili da un numero sempre crescente di bravi operatori.
Tutto ciò sottende l’obiettivo ancora più ampio di evolvere verso un’umanità più consapevole e più libera".

Qui l’intera riflessione di Elena Guidi.

giovedì 14 aprile 2016

Una Scuola intervallo

“E se oggi la scuola dovesse essere proprio un lungo, ingombrante intervallo?

Un intervallo inteso come sospensione dal bombardamento di informazioni senza filtri, dall’accumulo frettoloso di dati presto svaniti, dalla corsa a competere e primeggiare, per consentire alla scuola – dichiaratamente, spudoratamente – di essere il posto dove il pensiero prende fiato, permettendosi di farsi curioso, analitico, critico; dove si apprende a cercare le informazioni, sperimentando la capacità di scegliere, prendere posizione, a volte opposizione; dove si esercita la competenza a conoscere gli altri, tutti, facendo la fatica di scambiare gli sguardi e provando a diventare solidali; dove si costruisce il rispetto per il mondo, non perché viene “insegnato”, ma perché lo si può incontrare, attraversare, abitare.

Un intervallo che interrompe la paura e apre alla vita.”

Su Bambini e Natura, l'articolo completo.



sabato 9 aprile 2016

A proposito di compiti...

"...ciao Paolo, ti volevo dire un paio di cose, ma ora me le sono dimenticate, però te ne dico un'altra. Non gli ho dato lezioni per le vacanze di Pasqua perché mi sembra che avevamo deciso che quando è vacanza è vacanza... Vero?"



“Alla formazione culturale dell'alunno concorre non soltanto l'azione didattica, attuata nella più viva collaborazione tra docenti e discenti, ma anche il ripensamento individuale, realizzato con il lavoro personale dell'alunno a casa".
(Circolare Ministeriale 20 febbraio 1964, n. 62)

“E' necessario, tuttavia, che l'attività didattica dei singoli docenti sia opportunamente coordinata ai fini di una proficua organizzazione dello studio extrascolastico. Un sovraccarico degli impegni di studio nuocerebbe, infatti, sia alla salute dei giovani, sia al processo di maturazione culturale, che non può essere costretto in schemi innaturali”.
(Circolare Ministeriale 30 ottobre 1965, n. 431)

“La ricerca da parte dei giovani di nuove conquiste, di nuovi ideali [...], una sempre più approfondita valutazione dell'importanza dei problemi del tempo libero, l'incidenza sempre più viva ed efficace sui giovani delle manifestazioni collaterali non proprie della scuola ma pur sempre riconducibili alle sue finalità e alla sua azione educativa, quali le attività sportive, ricreative e artistiche, inducono a considerare da un angolo visuale più ampio tutti i fattori e le componenti che concorrono [...] alla crescita e al completamento della personalità in vista dei successivi traguardi che la vita porrà dinanzi a ciascuno di essi.

Si risolverebbero, tuttavia, in una vuota affermazione di principio l’individuazione e la valorizzazione di un tale interessamento dei giovani alle anzidette manifestazioni, se la scuola non si preoccupasse di porre gli alunni nella condizione di poterne effettivamente fruire.
Nell'impegno di garantire agli alunni ogni possibilità e ogni componente di sviluppo della loro personalità, la scuola non può non preoccuparsi di rendere praticamente possibile questa più ampia e varia forma extrascolastica di arricchimento culturale e formativo.”
(Circolare Ministeriale 14 maggio 1969, n. 177)



Qui le fonti.

domenica 3 aprile 2016

Metodo, laboratorio e creatività: Bruno Munari per la scuola.

"Artista, designer e scrittore tra i maggiori del secolo scorso, Bruno Munari ha dedicato un interesse particolare al mondo dell’infanzia e dell’educazione. Alla scuola di oggi, consegna una proposta assai attuale: il laboratorio come luogo della migliore educazione, la creatività come “ricerca sincera di varianti”, un metodo che risiede nel “creare relazioni tra gli elementi conosciuti”. "

Nel link che segue un' interessante intervista a Silvana Sperati presidente dell'associazione Bruno Munari, da tempo impegnata nella diffusione del metodo Munari con laboratori e corsi di formazione per insegnanti e bambini.

Qui l'intervista.

Un breve video poi, "L'arte come gioco", ci mostra lo stesso Munari all'opera con un piccolo gruppo di bambini.
Con dolcezza e semplicità, li coinvolge trasmettendo loro tranquillità e voglia di sperimentare, essere curiosi e scoprirsi attraverso il gioco e l'arte.




"Un seme contiene il futuro e domani sarà ieri."

giovedì 31 marzo 2016

(Ri-)Pensare lo spazio

"Lo spazio è parte costitutiva della relazione educativa e, per esperienza diretta, so quanto il mutare le posizioni reciproche contribuisca a cambiare consuetudini e atteggiamenti di bambini, di ragazzi e – seppure con maggior difficoltà – anche di noi insegnanti.
Per immaginare questi mutamenti spaziali e simbolici ci vuole uno sguardo capace di andare oltre le abitudini quotidiane. Ci vuole un po’ di spirito visionario, che forse potrebbe essere alimentato da un incontro sul campo di ottiche e professionalità diverse. Scambiarsi idee tra educatori e architetti potrebbe produrre proposte interessanti e si potrebbero coinvolgere anche i bambini e i ragazzi, a patto che siano chiamati a partecipare non solo in modo formale o retorico.
Ci vuole un grande sforzo per ripensare i luoghi educativi e dare loro nuova fisionomia.
Un impegno che potrebbe contribuire a dare concretezza al più generale problema di ripensare l’educazione".


Qui l'articolo completo di Franco Lorenzoni "Cari architetti, rifateci le scuole!".

E a proposito di scuola e architettura, qualche spunto interessante:
qui, per la scuola dell’infanzia, e qui, per le scuole dalla primaria in poi.




venerdì 18 marzo 2016

Una scuola... senza recinti

Educare senza recinti è qualcosa di più di una bella metafora:

«Nella nostra scuola da decenni non suona la campanella. Lavoriamo con i bambini in classe e quando abbiamo terminato un’attività usciamo fuori [...]. La flessibilità dell’orario ci permette di non interrompere discussioni e ricerche che proponiamo ai bambini.
E poi noi fuori ci andiamo non solo per la ricreazione, ma anche per studiare geometria e scienze, fare attività motorie, giardinaggio e coltivare il nostro piccolo orto. Ogni settimana, poi, una classe a turno dedica del tempo a mantenere puliti gli spazi naturali».

«Ogni classe ha la sua assemblea ed elegge ogni anno, dopo convinte campagne elettorali, due alunni per l’Assemblea dei bambini rappresentanti, che si riunisce quattro volte l’anno. È lì che si decidono gli spazi naturali che bambine e bambini possono esplorare, a seconda dell’età, e le regole di convivenza riguardo all'organizzazione dei giochi, all'uso dei bagni e ai comportamenti da tenere a mensa e negli scuolabus.
In tanti anni non abbiamo mai avuto alcun problema e noi siamo convinti che interiorizzare regole da rispettare, decise insieme, così come definire confini da non sorpassare, sia un’opera educativa complessa, ma molto più interessante che costruire recinti e cancelli».”


La scuola Longhena di Bologna.



Franco Lorenzoni, autore dell’articolo, parlerà del suo libro “I bambini pensano grande. Cronaca di una avventura pedagogica” martedì 19 aprile 2016, ore 9.30-12.30, presso l’Aula Magna dell’Università di Milano-Bicocca.


venerdì 11 marzo 2016

La scuola senza pareti

"Addio al vecchio concetto dell’aula, con i banchi disposti a ferro di cavallo, la cattedra al centro, la lavagna appesa alla parete e i gessetti. 
«Open spaces without walls»: una vera e propria rivoluzione, una scuola senza pareti, con lo scopo di modificare gli ambienti di apprendimento attraverso l’integrazione delle tecnologie nella didattica".



Per approfondire: 
  • uno sguardo alla realtà degli Istituti Vittra, in Svezia, attraverso la ricerca di Indire Quando lo spazio insegna;


domenica 6 marzo 2016

Ken Robinson e la creatività.


"Siamo tutti d'accordo sulla straordinaria capacità che i bambini hanno di innovazione. Sono convinto che tutti i bambini hanno enormi talenti e noi li sprechiamo, senza pietà. Quindi voglio parlare di educazione e creatività. Il mio argomento è che la creatività è tanto importante quanto l'alfabetizzazione e le dovremmo trattare alla pari."

"Se non sei preparato a sbagliare non ti verrà mai in mente qualcosa di originale, se non sei preparato a sbagliare diventi terrorizzato di sbagliare.
Noi abbiamo sistemi nazionali d'istruzione dove gli errori sono la cosa più grave che puoi fare e il risultato è che stiamo educando le persone escludendo la loro capacità creativa"

"Non esiste sistema educativo sul pianeta che insegni danza ai bambini ogni giorno, così come insegnano matematica perché? I bambini ballano tutto il giorno, tutti noi lo facciamo. Abbiamo tutti un corpo o no? In verità ciò che succede è che quando i bambini crescono iniziamo a educarli progressivamente dalla pancia in sù e poi ci focalizziamo sulle loro teste e leggermente verso una parte.(...)
Il nostro sistema educativo ha sfruttato le nostre teste come noi abbiamo sfruttato la terra: per strapparle una particolare risorsa.
dobbiamo ripensare i principi fondamentali sui quali educhiamo i nostri figli.
Il nostro compito èdi educarli nella loro interezza affinché possano affrontare il loro futuro"

 
Sir Ken Robinson parla anche del pensiero divergente e della necessità di ripensare il sistema scolastico in un video che trovate qui.



[Sir Kenneth Robinson é un educatore e scrittore britannico. Autore inglese, conferenziere e consigliere internazionale sull'educazione per i governi e le istituzioni no-profit. È stato Direttore artistico nello Schools Project (1985–89), Professore di Educazione all'Arte nell'Università di Warwick (1989–2001)e nel 2003 è stato insignito del titolo di Cavaliere per i servizi resi all'educazione.]

martedì 23 febbraio 2016

Dis-imparare per Vivere!


"In altre parole, a scuola impariamo che ad una domanda si risponde solo in un modo e che quella risposta è scritta in una certa pagina del nostro libro. Si finisce così per confondere l’apprendimento con l’obbedienza, il rispetto con la paura, l’interesse con l’ambizione, la sicurezza interiore con la rigidità, la fermezza con la costrizione, la prontezza mentale con la ripetizione, l’abilità con l’omologazione, la conoscenza con il ritenere a memoria e l’intelligenza con il buon utilizzo pratico di quanto memorizzato.

Una strada efficace per recuperare vitalità divergente, consiste nel disimparare i binari univoci instillati nella nostra infanzia che ci inducono a possedere conoscenze rigide, schemi di pensiero e comportamento, e quindi convinzioni, unilaterali, cristallizzate, incapaci di concepire o accogliere il nuovo.
Ogni volta che impariamo davvero una cosa nuova, questa manda in crisi tutto il nostro assetto interiore, rivoluzionandolo. Ciò corrisponde ad una crescita, ad un cambiamento profondo della persona.
Disporsi a disimparare vuol dire prima di tutto permettere che ciò che è diverso da noi provochi i nostri schemi mentali e il nostro stile di vita. E’ una scelta profonda di apertura. Essere curiosi, aprirsi e lasciarsi mettere in crisi. Essere disposti a perdere il nostro equilibrio interiore, per renderlo dinamico e non statico. 

Imparare con l’azione è un percorso a tutto tondo, che coinvolge tutti noi stessi: l’esperienza ci tocca in tutte le parti di noi, e la crescita è integrale. Si tratta di una sapienza del corpo, dei sentimenti, delle mani e dei piedi, di cui si usufruisce per via istintiva, cinetica ed emozionale, affettiva, non razionale.

Un discorso non ci trasforma. Delle nozioni teoriche possono farci capire intellettualmente, ma rimarrà una separazione dal nostro comportamento. L’esperienza ha un potere di disapprendimento e apprendimento formidabile. Che genera pensiero divergente.

Disimparare è insomma un percorso di crescita personale, intimo, che riguarda le nostre scelte più profonde, e la nostra vita in generale. Che ci consente di ampliare lo spettro del vivibile nella nostra vita, individuale e di gruppo."

Per chi ha voglia di dis-imparare: qui l’articolo completo di Raffaella Cataldo.